I libri delle libriste dalla collezione Carminati.

di Ada De Pirro

C’è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?

La gioia di scrivere.
Il potere di perpetuare.
La vendetta d’una mano mortale.

W. Szymborska, La gioia di scrivere,1967

Generi
Il dibattito sulla permanenza o meno della forma-libro classica nella diffusione della cultura contemporanea sembra non avere fine e ancora oggi è difficile, nonostante le molte analisi fatte, dare una definizione conclusiva al libro-di-artista in tutte le sue coniugazioni. Difficile quasi quanto cercare di determinare in maniera inconfutabile il sesso di un’opera.
A prima vista, sembra curiosa la coincidenza temporale che accomuna i primi tentativi di definizione dei due contesti. Quando all’inizio degli anni settanta si è iniziato a indagare da un lato i motivi di una differenza numerica così evidente tra i molti artisti-uomini che avessero ottenuto visibilità nel corso della storia rispetto alle poche artiste-donne (Nochlin 1971) e dall’altro il rapporto tra donna e linguaggio (Bentivoglio 1971), era già nato e adottato da molti, senza distinzione di genere, quello che sarebbe poi stato comunemente chiamato libro d’artista.

Questa forma di editoria alternativa va oltre la tradizionale definizione dei generi artistici e si presenta come il prodotto di un’epoca in cui l’esigenza di liberazione era forte, al di là e all’interno delle dinamiche tra i sessi. Nel territorio del libro d’artista, in tutte le sue coniugazioni, ogni carattere sembra sfumato a favore di uno sguardo più libero da pregiudizi. Lontano dai dibattiti che riguardano l’arte ‘ufficiale’ gestita da istituzioni pubbliche e private, questa forma d’arte apre prospettive diverse sulla creatività: un orizzonte centrato su un singolo aspetto, ma consapevole che lavorare in luoghi di margine come quello del libro ha più ampie possibilità di espressione e non deve rispondere a canoni prestabiliti ma, anzi, cercarne di nuovi e instabili.
Il libro d’artista sembra non chiedere luci sgargianti e presentazioni declamatorie, si dà come un oggetto da guardare e, se possibile, da sfogliare. Ognuno con una propria, specifica intelligenza, un suo perché dato dalla forma, dai materiali usati, dall’impaginazione e dalla tipografia. Può avere o no immagini, può invitare a essere scomposto e ricomposto, a essere letto tra le righe scritte su un supporto trasparente o a immaginare frasi cancellate. La vista e il tatto sono coinvolti, a volte anche l’olfatto per una appercezione sinestetica che è comunque un’esperienza nuova. Una varietas che promette ulteriori possibilità creative.

Le donne artiste, negli anni sessanta e poi oltre, giocando con la rivoluzionaria (ma non nuova) forma di editoria hanno colto un’opportunità. Il libro, oggetto simbolo di una cultura storicamente prerogativa maschile, diventa il luogo di una nuova ibridazione dei generi maschile e femminile, mossa dall’esigenza di liberare l’oggetto dal suo pesante carico simbolico. La manipolazione della forma-libro fu una delle possibilità di espressione del desiderio di libertà, anche provocatorio, che andava spesso in parallelo con sensibilità orientate politicamente, dove la circolazione di prodotti di «una specie di editoria fatta in casa, artigianale, più o meno clandestina, senza problemi di stile, ma immediata e tempestiva» (Miccini 1970) fatta di volantini, cartelli e ta-tze-bao, appelli e dispense, generava ‘quasi’ il sospetto nei confronti della carta stampata secondo i criteri tradizionali. Un lavoro di destrutturazione, dunque, che recuperava le prove futuriste di forme eccentriche sia dal punto di vista tipografico sia proprio della forma-libro, aprendolo a esperienze che diventeranno sempre più radicali.
Questa possibilità si andò maturando soprattutto tra gli artisti (e le artiste) che lavoravano già sul versante verbovisivo della poesia concreta e/o visiva o che vi si erano accostati solo temporaneamente. Questi artisti amavano (e amano) parole, frasi, alfabeti spesso coniugati in idiomi diversi, e poi segni di interpunzione, numeri e quant’altro composti a volte in configurazioni significanti, altre volte con esplicito interesse alla rappresentazione di un nulla, di un’assenza. Come già aveva detto nel 1925 Moholy-Nagy, «la tipografia è uno strumento di comunicazione», non più quindi solo da impiegare come «mezzo oggettivo, ma cercando di incorporarla in modo creativo nel contenuto con tutto il potenziale di azione della sua esistenza oggettiva» (Dematteis 1998).
Quando presenti, le immagini erano (e sono) prelevate da contesti diversi o create ex novo e messe in relazione con la parola per creare diversi e inaspettati livelli di senso.

Mirella Bentivoglio, presente in mostra come artista, come teorica ha tra l’altro creato il termine librismo che vuole segnalare una spinta a portare nel libro il mondo della comunicazione visiva, comprendendo nella categoria libri d’artista in forme ibridate con livre de peintre, cataloghi e monografie prodotti singolarmente e autoediti, manualmente, calcograficamente e tipograficamente, a tiratura limitata o senza numerazione (Bentivoglio 2004). L’artista e teorica distingue tra questi i «due emisferi del libro», trovando il libro-oggetto particolarmente adatto all’indagine sui caratteri espressivi del genere maschile e femminile, le cui scelte sono equiparate, secondo la studiosa, sotto il segno di una comune esperienza esistenziale ma che si distinguono per una tendenza da parte delle donne di portare nel libro « un’inconscia memoria della tradizione femminile; diaristica, tattile, tessile». Dal felice neologismo nasce il titolo della presente mostra che vede donne alle prese con il genere del libro d’arte e che vengono qui chiamate, appunto, libriste, in qualità di rappresentanti del genere femminile di questa particolare produzione che abbraccia almeno cinquanta anni di storia.

Gli aspetti femminili che pur si possono riscontrare in alcuni dei libri presenti in mostra non sembrano prevalere su un carattere generale che questo tipo di editoria, senza distinzioni, porta con sé. L’esperienza della creatività sembra con il libro d’artista superare le barriere tra creazione al maschile e creatività al femminile (Lista 2004) che almeno dal rinascimento sembra aver distinto la storia dell’arte.
Questa è forse una di quelle rare forme d’arte che si può definire androgina, secondo la ben nota definizione di Virginia Woolf, secondo cui «nell’uomo la parte femminile del cervello deve comunque avere un suo effetto; e anche la donna deve cercare di andare d’accordo con l’uomo che c’è in lei. Forse voleva dire questo Coleridge, quando osservò che una mente superiore è androgina. Ed è appunto quando ha luogo questa fusione che la mente diventa pienamente fertile e può fare uso di tutte le sue facoltà» (Woolf 1929). Con questo non possiamo eludere il fatto che caratteri maschili e femminili si possano riscontrare anche in questa particolare idea di libro, ma questa forma sembra allontanare, almeno per un po’, dalle domande che ancora dopo tanti anni continuiamo a porci circa le ‘differenze’ tra arte al maschile e arte al femminile, sia dal punto di vista espressivo, sia da quello del riscontro pubblico e economico. E questo va stranamente contro i contenuti a volte fortemente orientati verso la marcatura al femminile di un confine che si trova in alcuni libri presenti anche in questa mostra. Le differenze con la produzione al maschile infatti, quando e se ci sono, vanno al di là delle forme adottate, dei materiali scelti, dei testi. È nel corpus di opere nel suo complesso che vanno cercate, se proprio vogliamo farlo.

Lea Vergine, la curatrice della mostra che strappò finalmente il velo che fino al 1980 aveva tenuta nascosta la parte femminile delle avanguardie artistiche, alla domanda: In che cosa si differenzia l’arte delle donne da quella degli uomini?, rispondeva: «Autoironia, sarcasmo, coraggio e ancora oggi lo si può pensare. E l’uso della memoria» (Vergine 2004).
Nelle opere presenti in mostra ci sembra di riscontrare le stesse qualità. A queste si potrebbe aggiungere anche una buona dose di attenzione alla musica e alla poesia, al ritmo, aspetto questo che sembra presente anche dove non sembra esserci. E poi la presenza del corpo, sottesa a tutte le opere dove viene esposto attraverso fotografie o disegni di mani, schiene, volti, occhi, seni, piedi. Ma il corpo è presente nella manualità delle opere e nella manipolazione dei caratteri tipografici anche se condotta con mezzi meccanici.

Ma l’aspetto che sembra prevalere è quello della memoria. La memoria è dopotutto una parola di genere femminile che appartiene antropologicamente alle donne. Tutto sembra essere orientato verso la trasmissione di una traccia, di un gesto, di un pensiero che nel complesso forma quello che è evidente anche in questo nucleo di opere, una memoria del fare, del percorrere, del rielaborare.
E a proposito di varietas, questi libri sorprendono per la molteplicità che dichiarano. Temi: poesia, racconto, saggio, diario, favola. Supporti: carta da ciclostile, da incisione, fotografica, tipografica, cartone. E poi acetato, spirali metalliche. Stampa: a mano o meccanica. Tecniche: grafiche, calcografiche, dattilografiche, tipografiche, industriali, ad acqua.
Le diverse nazionalità delle artiste presenti dimostrano quanto il linguaggio variegato dell’insieme non conosca confini geografici, ma accomuni pittrici scultrici incisori performer critiche poetesse più famose a quelle meno note, con semplicità e senza clamori.
Non sappiamo rispondere dunque con certezza alle domande poste ma possiamo forse pensare che tutto ciò risponda a una volontà, un desiderio a volte dolorosamente compiuto, dove prevale, su tutto la gioia di scrivere./ Il potere di perpetuare./ La vendetta d’una mano mortale.

Continuità
«C’è continuità tra un libro e l’altro, nonostante la nostra abitudine di giudicarli separatamente» (Woolf 1929). Una collezione è un insieme che riflette scelte e gusti del collezionista. Una collezione di libri al femminile ha un suo carattere specifico, basato prima di tutto su un proprio livello di continuità, non solo perché libri scritti, pensati, immaginati, da donne ma perché tessono, l’uno con l’altro, una misteriosa trama di senso da cercare tra i frammenti di un linguaggio che appartiene, sì, a tutti, ma che può essere più o meno segretamente, acquisito e fatto proprio. Il dialogo che si viene a creare tra i libri al femminile presenti in mostra è avviato dal collezionista milanese Marco Carminati che li ha selezionati tra i molti della sua raccolta.
Cosa spinge un collezionista a mettere in mostra i propri libri e cosa a sceglierne alcuni come rappresentativi di una specifica coniugazione al femminile del genere libro-di-artista?
La prima risposta, spontanea, è stata: Perché le ho trovate. La seconda: Perché i libri di donne hanno una loro anima in quanto le donne si identificano sempre nel loro lavoro. La terza: Perché è una sfida a riconoscere in essi i caratteri femminili.

Esporre i propri libri è un gesto di condivisione e apre a domande, chiede un confronto. Non è facile porre domande e ancor meno, a volte, rispondere. Il margine di dubbio sembra insostenibile. Ma è importante che esistano luoghi, come le biblioteche, dove questo si possa ancora fare.

Cento + 1 libri d’artista”: +1 è il simbolo delle opportunità

di Dino Silvestroni
marco 30 Una Opportunità E Quella Che Una collezione sconosciuta puo offrire.
La collezione riunita, non con Semper Metodo Rigoroso, Mostra le Motivazioni Che Hanno accostato ONU Libro annuncio ONU Altro e svela Una storia Che ci sorprende.
La sorpresa, complice il Mutare dei Tempi, Regala una Raccolta di Titoli criticamente Validi ma non Semper sufficientemente valutati e Offre l’Opportunità di visionare Libri Troppo presto o Troppo Spesso dimenticati.
La collezione rappresenta ONU caotico incontro di Critica e Sensazioni, tortora Il Piacere di esporre E PARI AL Piacere di dialogare.
Non SI Tratta di esercitare in Proprio il mestiere di critico o di Tanto Menone quello di gallerista, ma di trasformare QUALCHE scaffale della Propria della Biblioteca in Una zona Ampia di Lettura.
Vieni Tutti I Viaggi iniziano con il Primo Passo, cosi Proponiamo questa Mostra Venire un’opportunità in piu di Leggere Quel variegato e Complesso Mondo del Libro d’artista.